Così denominati per la loro composizione : uova e farina, con lievito, acqua e farina [3]. La cottura può avvenire in recipiente con l’aggiunta di grasso (crespelle, rivolti, …) o senza (testaroli, panigacci, …), in acqua bollente (pici-pinci, testaroli, … ). Da notare la cottura in più fasi dei testaroli.
L’impasto lievitato minimo (farina, acqua e base di fermentazione) fornisce il pane. La lavorazione dell’impasto e la cottura in forno, danno bozze e filoni di mollica alveolata con geometrie ricche e complesse, racchiusa da una crosta sapida e spessa. Questo pane si mantiene buono per giorni e tiene benissimo i liquidi caldi. D’ora in poi si farà esclusivo riferimento a questo (salvo differente indicazione), di solito “raffermo”.
Con acqua e farina si fanno i Pici (Pinci) precursori degli spaghetti. In testi di coccio ben caldi (ora anche di altro materiale) vengono confezionati i Testaroli, che assomigliano vagamente a delle lasagne. Anche questi si utilizzano come pastasciutta, conditi con la salsa di basilico (Pesto). Analoghi, ma confezionati utilizzando farina di castagne, sono i Necci (uso tipico : Necci con la ricotta).
I Pinci (Pici) e i Testaroli si trovano anche presso la grande distribuzione.
Penne strasci'ate *
Il concetto espresso nella nota [6] viene applicato, al di là di ogni aspettativa fino a non molto tempo addietro, anche agli impasti di acqua e farina per la produzione industriale delle paste alimentari essiccate.
Buonassisi rilevò nel catalogo della ditta Pittaluga di Campomorone – Genova, la pratica coincidenza tra Maccheroni e Penne. [7] Le penne, quelle lisce, sembrano essere parte integrante della cucina toscana. A Napoli, nella scelta della pasta da condire con la Genovese, le penne non vengono neanche prese in considerazione. Qui una delle poche ricette di pasta di semola di grano duro essiccata si chiama “Penne strascicate”. Si ammetterà un coinvolgimento personale con le penne lisce, piuttosto ampiamente condiviso se P.Ugolini (op. cit.) ritiene di precisare « …. in Toscana è molto in voga.» riecheggiando « … un tipo di pasta molto in uso in Toscana» di Colutta. [8] C’è qualcos’altro. La “strasci'atura” è una tecnica di cucina corrispondente al “saltare” (passare in padella a fuoco vivo i cibi per completare la cottura e condirli). L’uso di questa modalità con la pastasciutta non è granché usuale (si “saltano” soprattutto carni, pesci e verdure). Il condimento in cui avviene la strascicatura sarà il sugo di pomodoro (eventualmente la variante che usa carnesecca a dadini rosolata prima dell’aggiunta del pomodoro), il sugo di carne (o una delle sue varianti con fegatini) più il parmigiano grattugiato. La preparazione è incardinata sulla pasta: penne lisce sgocciolate dall’acqua di cottura quando sono ancora molto al dente.
* P.Ugolini - La vera cucina toscana - Vallecchi
[3] Si intende farina di frumento salvo ulteriori specificazioni (farina di castagne, di granturco, … … … )
[6] All’inizio erano tutti maccheroni. Perché questo era il significato del termine : maccare, cioè ammaccare, schiacciare (col mattarello), impastare (L.Messedaglia) I segni dello sviluppo di tecnologie per lavorare gli impasti e di tecniche di essiccazione si ritrovano a Genova dal XIII secolo.
[7] Riportato in P.Ugolini – La vera cucina toscana - Vallecchi
[8] F.Colutta – Cucina e vini della Toscana - Mursia
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La nota è indicata ma non riportata
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