lunedì 20 aprile 2015

... e stomaci di lattanti.


(... segue da: )

Secondo alcuni «… noi abbiamo due qualità principali di cacio, quello cioè così detto forte e che pizzica, e l'altro dolce. Si ottiene il primo coagulando, o accagliando … il latte col mezzo del caglio, e il secondo col fiore di carciofo selvatico detto presame … » [59] Introdotti, di passaggio, i cagli di origine animale, vediamo i pecorini realizzati con questa tecnica. Se ne fanno in tutto il territorio regionale. 
Sono prodotti con latte crudo o termizzato o pastorizzato. A pasta cruda o semicotta [60]. 
Sono consumati freschi, a pasta semidura e stagionati. 
In particolare si può trovare pecorino di latte crudo a pasta cruda in Garfagnana (da uno a tre mesi di stagionatura e anche di più*), Casentino (un mese di stagionatura), nel Senese (circa due mesi di stagionatura). 
Con latte crudo e pasta semicotta in Lunigiana e alle Apuane (due mesi di stagionatura) e su tutta la costa fino alla Maremma (quattro-sei mesi di stagionatura). 
A base di latte pastorizzato o termizzato sono prodotti pecorini nel Pisano e nel Senese. Con latte di pecora si fa anche un ”gorgonzola” a pasta cremosa e non molto piccante (nel grossetano) e un formaggio a crosta fiorita, cioè tipo camembert, e pasta morbida di colore avorio (Val di Pesa). 
A Montefollonico si produce un pecorino dalla lunghissima stagionatura : quasi un anno intero. Viene confezionato a partire da latte di pecora proveniente da due mungiture. Dopo pastorizzazione si versa caglio di origine animale. Durante la stagionatura si unge periodicamente la buccia con olio di oliva. Alla fine la crosta risulta di colore bruno, attraversata da striature. La pasta è liscia, di sapore leggermente piccante e colore paglierino. Le forme hanno diametro di circa trenta centimetri e peso sui cinque chilogrammi e più.


*Questo pecorino lasciato stagionare può essere usato "da grattugia". Ad esempio per certe preparazioni di Villa Basilica 

[59] I. Malenotti – L’agricoltore istruito dal padron contadino … … - E.Pacini Tip. Editore – 1840 «… … … Prima di tutto avvertiremo, che noi abbiamo due qualità principali di cacio, quello cioè così detto forte e che pizzica, e l'altro dolce. Si ottiene il primo coagulando, o accagliando (quest'ultimo termine è maggiormente in uso tra i nostri campagnoli) il latte col mezzo del caglio, e il secondo col fiore di carciofo selvatico detto presame, e conosciuto dalla più parte dei nostri contadini col vocabolo di presura; pianta originaria della Toscana, che nasce spontaneamente e in gran copia nelle maremme di Grosseto e di Volterra, trovandosene pure in tutti quei siti, nei quali alligna il carciofo domestico. Non è di recente dato l'uso di questo vegetabile, giacché per averne caci pastosi, delicati e della miglior qualità, vien raccomandato da Columella, da Palladio, da Eliano, e perfino da Berizio tra i geoponici greci, senza contare altri scrittori dell'antichità. Il caglio propriamente così nominato si à dal ventricolo degli animali ruminanti di latte, particolarmente dai vitelli, e conservasi saleggiato e seccato dentro il ventricolo stesso. Conobbero gli antichi varie qualità di caglio, come il latte di fico detto lattificio, col quale i Greci facevano il tanto rinomato cacio chiamato Opia; i fiori del Gallio, di cui servonsi generalmente adesso gl'Inglesi per tinger giallo il loro cacio; il seme del Grogo, il sugo dei Mirabolani, impiegato dagl'Indiani nella concia delle pelli e nel fare l'inchiostro; e perfino, al dire di Linneo, i sughi della Pinguicola e del Ros-solis, erbe contate nella categoria delle velenose, si adoprano presso i Lapponi. L'uso peraltro della presura già rammentata è il più vantaggioso, essendo falsissimo che con essa sí abbia minor quantità di cacio, come alcuni asserirono dal loro gabinetti senza essere in grado di distinguer la pecora dalla capra, il grano dalla veccia, la vite dal pioppo: talchè io dico, che quei tali che continuano a farlo col caglio, vendendolo poi ad un prezzo inferiore all'altro accagliato colla presura; altra ragione non possono addurne se non quella dettata al solito dall'ignoranza, e dal pregiudizio: si è fatto sempre così, non può farsi niente di meglio. Ora dunque io consiglio qualunque padrone che ami di ricavare dal suo bestiame il maggior frutto possibile, di volere espressamente comandare ai suoi pecorai di far uso unicamente della presura per accagliare il latte, abbandonata affatto e per sempre ogni altra sorta di caglio: e scendendo ad indicar la maniera di far molto cacio e buono, anzi eccellente, dirò, che questa incomincia da pascolar bene le pecore, come ce n'avverte quel dettato dei contadini. Chi vuol buono il caciolino, mandi le pecore nel sermollino, erba graditissima da questi animali. Virgilio inoltre confermando questa verità, esso pure ci dice che anche in quell'età si mungevano le pecore per fare il cacio, quantunque in gran pregio si tenesse la lana. … … … »
[60] Il latte con cui si prepara il formaggio è crudo se la temperatura di lavorazione non supera mai i 40°C, in caso diverso il latte si dice termizzato o pastorizzato (fino a 72°C). La pasta del formaggio si dice cruda se la temperatura della cagliata in lavorazione non supera mai i 40°C, semicotta (o semicruda) se la temperatura arriva a poco meno di 50°C, cotta se vengono superati i 50°C.


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2 commenti:

  1. Ciao caro Andrea...Mi è piaciuto molto questo excursus sui formaggi, pur non mangiandone quasi mai eccezion fatta per quelli a base di latte di capra o vegetali!!! A presto, baci!

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    1. Mia cara, lieto del tuo interesse.
      Nei prossimi giorni verrà postata la sezione formaggi di capra. Da marzo in poi tutti i pastori e casari fanno gli straordinari. E' primavera ...
      A presto.

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